This War (will not be) of Mine

di Marco “alkyla” Oliva This War of Mine

Ciao, mi chiamo Marco e amo il rischio. Settimane fa ho letto il Journal, regolamento introduttivo di This War of Mine, il survival collaborativo della Awaken Realms, che traspone da tavolo l’omonimo videogame ispirato al tragico assedio della popolazione di Sarajevo durante la guerra del ’92-’96, e ieri l’ho giocato per la prima volta, ospite di chi ha appena ricevuto la sua copia kickstarter.
Amo il rischio, perché giudicare un gioco dopo la prima partita non si fa. Men che meno se si tratta di un cooperativo a scenari. Peggio ancora se prevede una modalità campagna. Peggio del peggio è farlo mentre i generosi backers imbandiscono voraci le loro copie fresche di crowdfunding, mentre tutti gli altri attendono l’autunnale localizzazione italiana. Ma sono fatto così. O meglio, questa prima partita ha suscitato sentimenti che mi spingono ad argomentare e condividere le mie prime impressioni.
Dunque caro lettore, se ritieni che non sia legittimato a scriverne, non ti biasimo, ma meglio se la tua avventura con questo articolo finisca qui. In caso contrario l’avventura continua, salta su. Ecco cosa potrebbe capitarti di pensare alla prima partita a This War of Mine.

Premesse doverose: quello provato è lo scenario introduttivo ed il mio commento sarà libero da spoiler, semplicemente perché lì dove sono arrivato non c’è da svelare più di quanto non si possa leggere dal Journal o da una semplice panoramica del gioco. Non ho mai provato il videogame.
Sono troppe le cose da dire, quindi procederò per punti.

Componenti
Partiamo dalla nota lieta. I materiali sono di ottima qualità e generosi nella quantità, al limite dell’esagerato se si ha la fortuna di possedere tutti gli stretch goals sbloccati durante la campagna kickstarter. Tanti i mazzi di carte sul tabellone a contornare l’edificio in cui si muovono i personaggi, alcuni dei quali vanno rimescolati di frequente. Nonostante la grammatura modesta, la plasticaficatura è di tale qualità da non provocarne segni anche dopo il mescolamento più selvaggio (il mio).
Al tavolo c’è chi avrebbe preferito una diversa disposizione dei mazzi, per assecondare meglio il percorso logico delle tante fasi di turno. A me quest’aspetto non ha dato fastidio. Piuttosto, proprio per la presenza di tante fasi, avrei apprezzato un quick reference che li rissumesse in un A4. In mancanza siamo dovuti ricorrere di frequente al Journal, da sfogliare e risfogliare più come conta-fasi che non da regolamento vero e proprio. Ciò che è davvero scomodo è il costo di produzione degli item, riportato solo sul retro carta. Ne sono disponibili tanti sin dalla partenza e capire quali conviene produrre (dall’effetto sul fronte) e quali è possibile produrre (dal costo sul retro) è esercizio che impegna un giocatore messo lì apposta.
L’edificio diroccato che fa dà mappa è estremamente evocativo e pur zeppo delle carte che lo ricoprono dopo il laborioso setup, continua ad essere leggibile. Riproduce peraltro alla perfezione quello del videogioco ed il tabellone è fronte-retro. Dal lato opposto troviamo la mappa avanzata, con stanze più difficili da raggiungere e snipers che ti cecchinano appena ti azzardi a mettere la testa fuori dal tetto. Tutto questo senza contare mappe aggiuntive come le fogne, add-on di chi ha partecipato al crowdfunding.

Cooperazione
Mi fa sorridere il modo in cui il Journal suggerisce la turnazione del leader, in modo da coinvolgere tutti. Insostenibile per quanto macchinoso. No, a mio avviso This War of Mine va affrontato così: i giocatori in gruppo gestiscono di concerto le azioni di tutto il gruppo di personaggi. Eventuali discordanze si dirimono per maggioranza.
A questo punto intercetto già la domanda: “Ma questo non peggiora il problema del giocatore leader al tavolo?”. Mi preme sempre sottolineare che il problema dell’Uomo Alpha non è del gioco, ma del gruppo. Il cooperativo per sua natura non può risolvere questo problema e This War of Mine può aggravarlo proprio perché porta la collaborazione ai massimi livelli, soprattutto se approcciato in modo così democratico.

Difficoltà
Non c’è dubbio che This War of Mine sia di gran lunga il cooperativo più difficile, punitivo, perfido che abbia mai provato. Proprio quando pensi di riuscire ad arrivare in fondo, il gioco ti uccide. Ma non di una morte onorevole, no! Muori di inedia, di malattia o di depressione! O meglio, ti suicidi per tutto questo.
Parliamoci chiaro: il gioco porrebbe degli obiettivi alla fine di ogni capitolo di eventi, ma come è possibile raggiungerli o anche solo sfiorarli, se il gruppo riesce a stento a procurarsi l’acqua e il cibo necessari per il giorno?!? È questo il vero obiettivo: resistere, resistere, resistere, fino all’ultima carta evento, senza crepare. E se proprio ci dice bene per qualche turno, correre a produrre un qualche strumento per raccogliere l’acqua piovana o una stufetta per scaldarsi, ad esempio.
Peschi eventi e sono sfighe, peschi carte fato e sono sfighe, peschi raids notturni e sono sfighe. Persino quelle riportate sulle schede personaggio non sono abilità, ma sfighe ricorrenti! Non ti resta che sopravvivere. Frustrante, al primo approccio e mi auguro vivamente che gli scenari successivi non aumentino la difficoltà, altrimenti si travalica il limite dell’impossibile.

Controllabilità e ambientazione
Sempre per essere chiari, avrete ormai intuito che This War of Mine è tutto un pesca carte e risolvi sfighe lanciando dadi. Nell’85% dei casi peraltro il solo d10 nero. In proporzione, i momenti di scelta che hanno i giocatori durante la fase azione sono esigui e paradossalmente si assottigliano sempre più man mano che la partita avanza e i sopravvissuti hanno meno tempo per scavare tra le macerie dell’edificio.
In proposito ho mal digerito il fatto che gli status (fame, malattia, infelicità, ferite, fatica), pur causate da eventi diversi e curabili con diversi rimedi, hanno tutti lo stesso effetto: riducono il numero di azioni del personaggio dal massimo di 3 iniziali. In un gioco d’ambientazione come questo, una meccanica un po’ buttata lì.
Ecco, This War of Mine è più che un gioco d’ambientazione, è un gioco d’atmosfera. Cupa, ma d’atmosfera. Ed è un gioco di grande narrazione, anche grazie al libro dei racconti che racchiude 2000 paragrafi di eventi dal forte impatto emotivo in un volumetto molto compatto. Per comodità e coinvolgimento riesce lì dove non sono riusciti Tales of the Arabian Nights ed Above and Below, per citare l’esempio di due titoli che utilizzano lo stesso supporto.
This War of Mine va affrontato col gruppo pronto ad organizzargli attorno una serata, meglio se col sottofondo giusto e soprattutto SENZA CELLULARI (maledetti!).

In definitiva no, This War of Mine non entrerà nella mia collezione, ma mi lascia una gran voglia di riprovarlo, anche solo per scoprire dove vuole andare a parare oltre lo scenario iniziale. E poi ho una voglia matta di videogiocarlo! Potere del merchandising…

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