Confessioni di un Giocatore da Tavolo – EPISODIO I: il quinto giocatore
di Daniele “ditadinchiostro” Ursini
L’involuzione della specie è un processo incessante che trasforma gli uomini e le donne in maniera irreversibile. Tale trasformazione è spesso talmente profonda da determinare la comparsa di nuove specie collaterali. C’era una volta il “Nerd”, organismo pluricellulare capace di crearsi un habitat virtuale autoalimentante nel quale proliferare. Al di fuori di tale habitat il Nerd non poteva sopravvivere che poche ore, ma all’interno del suo mondo era in grado di sviluppare le condizioni per un’esistenza dignitosa, non del tutto dissimile da quella della specie umana, fuorché per l’accoppiamento. La difficoltà di riprodursi è probabilmente alla base del lento processo di mutazione che ha generato la nuova specie conosciuta col nome di “Giocatore da Tavolo”. Il Giocatore da Tavolo risulta più inserito nel tessuto sociale rispetto al Nerd, pur mantenendo intatte delle alterazioni psichiche ereditate dai progenitori.
Mi chiamo Dita e sono un Giocatore da Tavolo. Vorrei dirlo più spesso ma non è facile. Non puoi presentarti e dire “Ciao sono Dita, un Giocatore da Tavolo”. Non puoi perché ti scambiano per un Nerd e poi si rivolgono a te solo per parlare di console e film di supereroi. Che poi a me neanche piacciono i supereroi. Allora lo confesso solo su domanda specifica e, prima che questa arrivi, cerco di mostrare altre parti di me, altri interessi. Perché ne ho. Di altri interessi intendo. Certe volte però si capisce lo stesso. Quando ti fanno quelle domande difficili tipo “Qual è la prima cosa che guardi in una donna?”. Non ho una posizione precisa in merito. Qualche volta ho risposto “Il viso”, capendo immediatamente che era la risposta sbagliata. Un interlocutore di sesso femminile ti etichetta subito come probabile cazzaro. Un interlocutore di sesso maschile come gran cazzaro. O Nerd. È che davvero non lo so qual è la prima cosa che guardo in una donna. Vorrei fosse più semplice, come nei giochi da tavolo. So perfettamente qual è la prima cosa che guardo in un gioco da tavolo. Quanti giocatori supporta. È questo a rendermi un po’ snob nei gusti, perché se arriva a quattro per me parte con un handicap enorme. Spesso insormontabile. Il limite a quattro giocatori è un retaggio del passato, di quando i giochi da tavolo erano pensati per i Nerd. Per un Nerd mettere insieme più di tre amici è un’impresa titanica, io sono un Giocatore da Tavolo, è molto diverso. Ho provato anche a rispondere “Le tette”. Non è vero ma in questo modo l’interlocutore di sesso maschile è soddisfatto, completamente appagato. Invece per il sesso femminile oscilli tra il maiale e il sincero. Entrambi i versanti hanno dei lati positivi però resti lo stesso immerso in un anonimo grigiume. Il quinto giocatore è la rivendicazione di un diritto civile da parte del Giocatore da Tavolo. Si fa presto a invitare quattro amici, bastano due coppie. Ne conosco di coppie giocatrici. Dovrei invitare una coppia per volta e giocare in tre? Oppure affittare un’accompagnatrice che faccia la quarta? O estrarre a sorte chi resterà a guardare? Per me il quinto giocatore è il fondamento principale per un interesse serio, perché un gioco non deve essere solo bello ma anche fruibile. Non c’è vero amore senza il quinto giocatore. A volte ho provato con “Il sedere”. “Il sedere” è una risposta rischiosa da dare a un uomo, necessita di specifiche competenze a supportarla. “Come ti piace?”, “Che gli faresti?”. Non si può improvvisare il “sedere”. Anche la donna è colpita da questa risposta, resti in bilico tra il pervertito e l’audace, fuori dall’anonimo grigiume ma non necessariamente tra quelli da salvare. C’è poi il sesto giocatore, tanto raro quanto prezioso. Un gioco che arriva a tali misure promette d’esser protagonista in ogni situazione, lo comprerei senza altre domande se non conoscessi il trucco. Il trucco ricopre la realtà d’apparenza, giocare in sei il più delle volte è una menzogna impraticabile e l’inganno brucia più di un bug. Per credere al sesto giocatore deve essere un gioco acqua e sapone. Nel tempo ho provato anche con “Le mani”. “Le mani” hanno il pregio di confondere le donne, non riescono a catalogarti subito, così acquisti tempo. Puoi giocare le tue carte sperando che funzionino prima che si scopra il bluff. Purtroppo “Le mani” non hanno effetto sugli uomini. Appena sentono questa risposta, una certezza incrollabile s’impadronisce di loro: Nerd.
AHAHAHAH…. stupendo!
Come sempre Daniele colpisce per stile e senso dello humor!
Nel merito… ma non è veramente importante, non sono d’accordo con neanche una parola, ahahah, ma fa niente.
Da giocatore odio giocare in 5…di solito o sono superlight (che non mi piacciono) o hanno grossi bug… e nella migliore delle ipotesi non finiscono più. I giochi migliori sono da 4… o supportano il quinto giocatore ma sono pressochè ingiocabili…
Da autore capisco bene la facilità a far funzionare e bilanciare un gioco per 4 giocatori e l’impresa di farlo per 5 facendolo rimanere funzionante e piacevole.
Conclusione…se mi siedo a un tavolo e siamo in me ne vado e lascio giocare gli altri.. ma soprattutto… IL SEDERE tutta la vita!!! :P
Giocare e vincere in un tavolo agguerrito contro 4 avversari esperti a titoli come Principi di Firenze, Powergrid e Santiago rappresenta una vetta di goduria ludica che ha pochi paragoni nell’hobby…
La sfida è tutta là caro dizzark: creare un gioco che in 5 funzioni davvero, senza diventare lunghissimo, leggerissimo o buggatissimo.
Quella del Giocatore da Tavolo è una specie molto esigente ;)
Meraviglioso come sempre!!
Soprattutto mi hai messo in crisi profonda, la domanda “Cosa guardi in un gioco da tavolo” non credo abbia una risposta…almeno non per me.
Nell’altro caso è molto piu semplice LE TETTE!!