I giochi secondo Caillois
di Walter “Plautus” Nuccio
“Innumerevoli sono i giochi e di vario tipo: giochi di società, di destrezza, d’azzardo, giochi all’aperto, giochi di pazienza, giochi di costruzione, ecc.”
Con queste parole comincia I giochi e gli uomini di Roger Caillois, un saggio pubblicato in Francia nel 1958, che rappresenta tuttora uno dei testi di riferimento per chiunque voglia avvicinarsi allo studio del gioco. Il suo punto di forza è certamente la grande lucidità con cui l’autore analizza, distingue e classifica le diverse componenti che caratterizzano un gioco. Un ulteriore merito sta nell’aver individuato uno schema di classificazione semplice ma non per questo meno preciso.
Il gioco e le sue forme
Caillois parte dalla considerazione che nonostante l’attività del giocare possa presentarsi in forme molto diverse tra loro, esse sono tutte accomunate da una serie di caratteristiche sempre presenti e per questo fondamentali. La prima di esse è la libertà: non vi è gioco quando non è la persona a scegliere, in piena autonomia, di prendervi parte; la separazione consiste nel fatto che il giocare è un attività ben delimitata nel tempo e nello spazio; l’incertezza caratterizza l’esito finale ma anche lo svolgimento stesso della partita. Il gioco è inoltre improduttivo, poiché nessun risultato da esso generato possiede un valore effettivo nel mondo reale, regolato, in quanto soggetto a condizioni ferree ed inviolabili per volontà stessa dei partecipanti, e infine fittizio poiché il giocatore stesso è conscio di trovarsi al di fuori della realtà ordinaria.
Questa analisi è, per Caillois, il punto di partenza per un successivo approfondimento, volto a mostrare come le più disparate forme di gioco possano sostanzialmente ricondursi a quattro categorie fondamentali, che egli definisce agon, alea, mimicry ed ilinx.
Agon
L’agon, ovvero la competizione, è probabilmente la categoria più familiare a chi ama il gioco da tavolo. Questo tipo di giochi è infatti fondamentalmente incentrato sul competere, sul gareggiare, sul primeggiare rispetto all’avversario. Questo è vero anche nei giochi cooperativi, perché in quel caso si può semplicemente interpretare il gioco stesso come una sorta di avversario virtuale, sebbene a questa competizione si affianchi lo spirito collaborativo che anima i giocatori.
Secondo Caillois l’agon accomuna tutte quelle attività, siano esse dichiaratamente ludiche o meno, che fanno della competizione il loro presupposto fondamentale. Abbiamo quindi le varie forme di sport, di giochi di intelligenza o di destrezza. Non conta infatti che la qualità richiesta per vincere sia la forza muscolare, la flessibilità mentale o una particolare abilità fisica: ciò che importa è che, in tutti questi casi, tale qualità viene esercitata al solo scopo di stabilire chi tra i partecipanti sia il migliore.
Alea
Dalla parte opposta di un immaginario asse, rispetto all’agon, troviamo l’alea, che rappresenta per Caillois la volontà conscia, il desiderio e quindi il piacere di abbandonarsi completamente ai capricci del fato. Nei giochi di questa categoria, che com’è facile immaginare comprendono una buona parte dei giochi d’azzardo e le lotterie, le eventuali capacità del giocatore non hanno alcun ruolo, poiché il presupposto è che egli metta completamente da parte ogni sforzo intellettuale per accettare incondizionatamente la volontà della dea bendata.
Naturalmente Caillois non esclude affatto che queste due componenti così diverse, l’agon e l’alea, possano trovarsi fuse insieme in una sapiente miscela di abilità e fortuna, come avviene ad esempio nel gioco del Poker. Anzi, egli chiarisce più avanti nel saggio che proprio questo accoppiamento, tra alea ed agon, è uno dei più indovinati, rispetto agli altri possibili.
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Mimicry
Se alea ed agon potevano essere, tutto sommato, categorie abbastanza prevedibili, è con la mimicry che Caillois stupisce il lettore per la prima volta, attribuendo un carattere ludico anche ad attività che non vengono tipicamente considerate giochi. La mimicry caratterizza infatti l’atteggiamento di chiunque, per divertimento o per altre ragioni, finga di essere un’altra persona: chi si maschera a Carnevale, chi interpreta un personaggio, come l’attore sul palcoscenico o, come certamente qualcuno di voi avrà pensato, chi prende parte ad un gioco di ruolo, sta appunto “giocando a fingersi qualcun altro”. Ma perché mai, potreste chiedervi, tutte queste attività sono considerate giochi? Il motivo è che esse rientrano appieno in quei parametri che Caillois aveva indicato all’inizio, quali la libertà di scelta, la separazione spazio-temporale e il collocamento esterno rispetto alla realtà ordinaria.
Ilinx
Se con la mimicry c’era già stato un elemento di interesse, è con quest’ultima categoria che, a mio avviso, Caillois introduce un elemento davvero sorprendente. L’ilinx è infatti la “vertigine”, l’ebbrezza che si prova quando si è soggetti a forze estranee sulle quali non si possiede controllo, come possono essere le accelerazioni di un ottovolante al luna park, il brivido dato da alcuni sport “estremi” o infine, cosa che suscita una certa inquietudine, lo stravolgimento mentale dato dall’alcol o dalle droghe.
Gioco o degenerazione?
Proprio quest’ultimo esempio è qualcosa che deve farci riflettere. Caillos dedica un intero capitolo ad analizzare le forme in cui il gioco può degenerare, cosa che accade quando esso si allontana progressivamente da quella realtà fittizia che lo caratterizza (quella che già Huizinga aveva definito come “cerchio magico”) per invadere pericolosamente il mondo reale. E’ così che l’agon, da competizione pura che trova la sua massima espressione nello sport, può diventare prima antagonismo sociale o lavorativo e poi sconfinare addirittura nell’inganno criminale; l’alea, d’altra parte, può andare ben oltre l’innocuo divertimento e diventare la base di una credenza cieca nel destino fino a trasformarsi in mera superstizione. La mimicry, ancor più pericolosamente, può passare dalle nobili forme dell’arte teatrale alla psicosi e allo sdoppiamento della personalità. Mentre l’ilinx, lo abbiamo visto, trova la sua massima degenerazione nelle tossicodipendenze.
Attenzione, quindi, al momento in cui il gioco cessa di essere un attività separata, perché come afferma Caillois, la sua contaminazione con la vita normale rischia di corrompere e guastare la sua stessa natura.
Interessante, mi chiedevo se sapevate consigliarmi qualche testo che parla delle possibili meccaniche dei giochi “moderni”, o qualche altro saggio/libro che mi consigliereste per approfondire l’argomento. Grazie!
In italiano c’è il recente Game Design, di M.Bertolo e I.Mariani, che offre una panoramica sui game studies. In inglese ti consiglio The Art of Game Design, di J. Schell.
Ciao!
Grazie mille!
Ciao!
Ale
Non conoscevo questo libro. Anche se è stato scritto più di cinquanta anni fa, sembra che Caillois avesse avuto già ottime intuizioni.
interessante analisi… forse prima o poi leggerò il libro per intero..