Come t’invento un’avventura di Dungeons & Dragons a partire da un incontro
di Mauro “Maurino” Ferrarini
Non so voi, ma tutte le volte che mi sono messo a tavolino per impostare uno scenario per Dungeons & Dragons, poco importa quale fosse di volta in volta l’edizione a cui si stava giocando, il famigerato blocco dello scrittore era lì pronto in agguato. I risultati spesso erano qualche decina di fogli scarabocchiati di trame complessissime e poco credibili e una mezza dozzina di bozze di mappe di dungeon monstre, che a confronto le mega piante dei sotterranei di Ruins of Undermountain sembravano l’avventura introduttiva nel manuale del Dungeon Master della scatola rossa … ricordate? Quella con il Rugginofago, la coppia di Scheletri e la Bocca Magica nella stanza abbandonata (e non pensate male, eh!?).
Insomma, per un Dungeon Master della vecchia scuola, alla quale mi ispiro tutt’ora, la realizzazione di un’avventura era un parto lungo e travagliato (ma parecchio divertente). Molto spesso, almeno agli inizi della carriera, la creazione di uno scenario credibile e avvincente era un percorso ad ostacoli, pieno di tentativi andati a vuoto e di risme di fogli di carta buttati nel cestino … insomma, una strage di alberi innocenti.
Non è mia intenzione scrivere un trattato su “come scrivere l’avventura perfetta per Dungeons & Dragons”. Non ne ho né le capacità né sono così presuntuoso da pensare di avere in tasca il segreto definitivo. Però voglio condividere con i lettori alcune considerazioni, che forse possono aiutare i Dungeon Masters nella genesi di uno scenario decoroso adatto a riservare piacevoli ore di gioco attorno al tavolo.
Questo metodo, se così vogliamo chiamarlo, l’ho sperimentato più volte nel corso degli anni ed ha sempre riservato al sottoscritto e ai miei giocatori delle belle soddisfazioni e qualcosa da ricordare, ogni volta che si parlava di Dungeons & Dragons.
Come ho detto poc’anzi, non importa a quale edizione si giochi: la scatola rossa, AD&D prima o seconda edizione, la 3.5 … per ora non ho ancora avuto modo di provare la nuovissima 5th Edition, e ho volutamente saltato la quarta, troppo simile a un gioco da tavolo skirmish piuttosto che a un gioco di ruolo fantasy. A ben vedere, penso che si possa trasportare questo metodo (e scusatemi se uso un termine che appare decisamente troppo importante per quello che è realmente) a un qualsiasi gioco di ruolo della Old School, come Uno Sguardo nel Buio o Call of Cthulhu.
Il concetto base: parti da un incontro
Tutto quanto ruota attorno alla definizione di un bell’incontro. Niente di più, niente di meno. Ma quale incontro? Qualsiasi: un combattimento in mezzo alla giungla; la scoperta di un tempio decrepito appartenuto a una divinità dimenticata sul fondo di una forra; la trattativa per acquistare una spada di acciaio cormyriano nella piazza di una città durante il giorno di mercato; una serata attorno al tavolo consunto di una taverna sul porto, mentre una danzatrice dai tratti esotici si esibisce su un palco improvvisato. Ogni partenza è quella buona e, soprattutto, non importa che sia l’incontro con cui si inizia l’avventura.
Un po’ come accade con la formazione dei fiocchi di neve, questo incontro rappresenta il centro di gravità attorno a cui tessere altre situazioni, per poi cucirle insieme una a una in un sapiente lavoro di sartoria per creare un’avventura con un capo e una coda.
E come in una bottega di un sarto, non tutti gli scampoli e le pezze (gli incontri) potranno trovare una giusta collocazione nel vestito che si sta confezionando (l’avventura); ma gli appunti di un bravo Dungeon Master sono come il maiale: non si butta via nulla. Quelle situazioni e quegli incontri che al momento non trovano una giusta collocazione nella avventura che si sta scrivendo, possono essere messi da parte, in una sorta di ideale “cassetta degli attrezzi”, per essere tirati fuori in un secondo momento per un’altra occasione.
Entriamo nel merito: un esempio concreto
È venuto il momento di provare a tradurre in realtà la teoria appena enunciata. Per farlo, non trovo di meglio che illustrare un semplice esempio pratico da cui ho poi realizzato delle avventure che, almeno secondo l’opinione dei giocatori che le hanno provate nel corso degli anni, sono state memorabili.
L’incontro di partenza è rappresentato da una locazione. Mi sono immaginato un’isola circondata da acque ferme e putride. Al centro dell’isola, coperta da una foresta di cipressi neri, un piccolo tempio sigillato in tempi antichi per rinchiudere un male troppo grande per essere sconfitto. E il nemico per eccellenza, in questo caso, è stato individuato in una principessa vampiro dell’antico Egitto che aveva conquistato con le proprie arti oscure il Faraone, facendo precipitare il regno in una spirale di orrore senza fine.
Poiché in quel periodo l’ambientazione che stavo utilizzando per il mio gruppo era quella degli immarcescibili Forgotten Realms, la scelta del Mulhorand come setting per l’avventura era stata quasi d’obbligo.
Nella genesi dell’incontro, avevo stabilito che i sigilli del tempio erano stati violati, ma che la principessa vampiro non potesse ancora uscire dalla sua prigione millenaria a causa di un secondo sortilegio posto sul trono alla quale era stata inchiodata con crudeli punte d’argento. Solo il suo famiglio, un’upupa dagli occhi di opale, era in grado di varcare i confini del tempio, fungendo da occhi del mostro non morto sul mondo circostante.
Da questo nucleo ho iniziato ad aggiungere pezzi su pezzi.
Il primo: chi era stato a infrangere le rune poste a custodia del tempio? Mi è venuto in mente un mostro ancora più temibile di un Vampiro, magari in grado di viaggiare attraverso le dimensioni e il tempo. Un Demilich, per esempio, che era stato il maestro della Vampira e che era fuggito nell’Oltrelà durante la rivolta che aveva smascherato la natura non morta della principessa, condannandola all’eterna prigionia.
Poi ho iniziato a pensare che il tempio e l’isola maledetta si potevano trovare ai piedi di un’acropoli: l’antica città dove il Faraone aveva fatto spostare la capitale del regno durante il periodo in cui la Vampira lo aveva ammaliato con le sue empie fascinazioni.
E sopra un’acropoli che si rispetti ci devono essere delle rovine: il palazzo reale, per esempio, e magari il tempio maledetto fatto erigere per volontà del Faraone, a causa dei malefici consigli sussurrati di notte dalla sua sposa non morta.
Successivamente, si è posto il problema di spiegare perché la Vampira fosse ancora bloccata nel tempio nonostante l’intervento del suo mentore tornato dalle nebbie del tempo e dello spazio. Forse la spiegazione si trovava nel cuore del tempio abbandonato sopra l’acropoli: una chiave di qualche tipo che teneva ancora fuori dalla realtà il Demilich e non consentiva alla Vampira di liberarsi del tutto delle sue catene (erh… dei suoi chiodi). E così è nato il Resochisto.
Cos’era? In effetti non so dirvelo neppure io: il termine l’avevo preso da una storia di Gord il Miserabile, scritta da Gary Gygax e pubblicata negli anni ’90 per le Edizioni E. Elle, dove questo oggetto (una specie di sfera di cristallo con dentro fulmini di energia mistica in perenne formazione) si trovava in una città perduta, custodita da una tribù di degenerati pigmei albini cannibali e dalle scimmie carnivore loro schiave (giusto per non farsi mancare nulla). Insomma, una cosa kitsch e incomprensibile, avvolta da un alone di totale mistero: perfetto!
E infine il nodo dei nodi: come coinvolgere i personaggi? L’idea è arrivata leggendo un brano del Necronomicon 2, di cui non ricordo neppure l’editore. Un libretto che contribuiva ad alimentare la leggenda dello pseudobiblia più famoso dell’universo dei Grandi Antichi, partorito dalla mente di H.P. Lovecraft. In quel passo si narrava di un gruppo di archeologi che avevano effettuato degli scavi in una città dimenticata, scoprendo all’interno di un tempio sigillato dall’interno le tracce di un feroce sacrificio rituale. L’ingresso degli incauti esploratori nel complesso sotterraneo aveva “risvegliato” qualcosa nelle buie profondità dell’ipogeo, portando alla pazzia e alla morte tutti i componenti della spedizione, tranne uno, fuggito via appena in tempo, ma non a sufficienza per salvare la propria sanità mentale: una sorta di spettro ossessionato dalle oscure malie della vampira, che tenta di spingerlo a spezzare l’ultima barriera che la lega alla sua prigione e a dare libero accesso ai Reami al suo oscuro maestro non morto. È solo questione di tempo, prima che il vampiro, attraverso la sua malefica upupa spezzi definitivamente la volontà del povero sopravvissuto, costringendolo a portare il Resochisto davanti alla principessa vampiro.
A questo punto l’aggancio con i PG è stato facile. In un’avventura precedente avevano conosciuto un gruppo di esploratori di cui facevano parte alcuni membri della sfortunata spedizione nell’acropoli. Avvertiti da uno dei patroni del gruppo che nelle lontane terre del Mulhorand si avvertivano strane emanazioni minacciose e che la spedizione precedente (nota ai PG) era scomparsa … occorreva soltanto sedersi e aspettare che i giocatori facessero i bagagli per un bel giretto tra rovine perdute dell’antico Mulhorand!
Un ultimo dettaglio … i dettagli!
Per chiudere questo breve e largamente superficiale trattatello sulle avventure di Dungeons & Dragons (ma mi riprometto di tornare sull’argomento per fornire ulteriori informazioni), volevo evidenziare l’importanza dei dettagli per rendere una bella avventura, un’avventura memorabile.
I dettagli sono fondamentali, ma non devono soffocare l’avventura. L’equilibrio ideale, a mio parere, è stato raggiunto da Gary Gygax e da pochi altri autori della TSR prima e della Wizards of the Coast poi (penso, in particolare, a Bruce R. Cordell tra i migliori designer di scenari per AD&D).
Ne abbiamo parlato nella recensione de La Rocca sulle Terre di Confine: i dettagli devono essere delle “pennellate” a cui sarà poi il DM a dare gli ultimi ritocchi durante il gioco o nella preparazione tra una sessione e l’altra. Personalmente, spesso ho fatto l’errore di caricare l’avventura con un livello di dettaglio eccessivo: la descrizione dell’abito indossato dal principe mercante, la definizione particolareggiata di ogni singolo pezzo del tesoro del drago … il risultato è stato un appesantimento del racconto e una caduta del ritmo dell’avventura.
Parlare di una dozzina di rubini di Casa di Roccia è diverso che dire “dodici gemme”, così come fa tutt’un altro effetto descrivere una spada magica, indugiando sulla lama d’acciaio dai riflessi bluastri e brillanti, rispetto alla semplice comunicazione che si tratta di una “spada +1”.
Tutto questo, però, non deve essere mai portato all’estremo. Il rischio è quello di passare più tempo a descrivere minuziosamente ogni singolo personaggio, situazione o tesoro a scapito dell’azione e del gioco di ruolo. Un buon compromesso, per esempio, è quello di posticipare la minuziosa descrizione del bottino ritrovato nel covo dei pirati a una comunicazione extra seduta (magari inviando ai giocatori una e-mail con la lista degli oggetti), limitandosi a parlare di un ricco tesoro fatto da “monete, gemme, gioielli, suppellettili e tessuti pregiati” durante la sessione. Ogni giocatore si occuperà poi indipendentemente di aggiornare la propria scheda personaggio con i dettagli della parte di gruzzolo guadagnato.
Per i personaggi e i mostri, invece, la soluzione potrebbe essere quella di una descrizione iniziale fatta da non più di due tratti caratteristici (il goblin dalla pelle grinzosa e un occhio cieco), per poi aggiungere dettagli nel corso del combattimento o di successivi incontri (il goblin di cui sopra brandisce una scimitarra dalla lama dentellata e indossa un berretto di pelliccia spelacchiata).
Quale che sia il metodo utilizzando, comunque, in definitiva conta la risposta del gruppo di giocatori che sono, in ultima analisi, la migliore cartina di tornasole per capire se l’approccio del DM è apprezzato o meno.
Ciao Maurino, su questo argomento si potrebbe aprire una tavola rotonda!
Anzitutto, i miei complimenti per il risultato ottenuto dal tuo lavoro di costruzione scenica che è notevole; potresti aver stuzzicato più di un lettore col tuo tempio malsano, abitato da un’immonda creatura che non vede l’ora di tornare a mietere vittime. Vado quindi fuori tema e ti fornisco la mia versione (puoi sempre rispondere qui sotto per dirmi: fatti i fatti tuoi!).
La regina, imprigionata da qualche secolo, nella sua orrida non-morte, non ha che un tarlo fisso: vendicarsi di chi l’ha legata al regale sepolcro. Il famiglio potrebbe aver girato regni su regni, fino a quando non ha messo gli occhi su uno dei PG. Proverà a chiamarli a sé con qualche scusa per attuare il più banale scambio di corpi, imprigionando il/la malcapitato/a (meglio se A) al posto della sua padrona. Chi ha infranto quindi i sigilli? Beh, il più classico profanatore di tombe, che ha avuto solo parzialmente successo. Sorpassate le prime trappole che conducono al sepolcro è rimasto vittima di se stesso, infatti prima della camera mortuaria c’è una sala degli specchi e l’incauto che voglia ammirare la propria immagine rimarrà pietrificato, ad adornare per sempre la tomba. L’dea di questa trappola beffa venne a coloro che imprigionarono la regina che, per conservare la sua bellezza, aveva rinunciato alla vita per abbracciare lo stato di vampiro (lo so, fa un po’ Biancaneve).
Il profanatore, infrangendo i sigilli, è riuscito tuttavia a liberare l’upupa che si è messa alla ricerca, come dicevo pocanzi, dei nostri eroi (o malfattori!) e ha scelto per lo scambio la PG col Carisma più elevato (meglio se 17 o 18 ).
Questo per dire che l’unica parte che non mi convince della tua storia è il potente demilich che vuole tornare a liberare l’allieva. Poi però, molto bene tutto il resto: l’acropoli ecc.
Magari non ti aspettavi un intervento del genere, ma hai stuzzicato la mia fantasia, quindi ti tocca sorbire la tiritera!
Per quanto riguarda il vero argomento dell’articolo, cioè superare il blocco dello scrittore (per chi ha ancora tempo di farlo!), si hanno generalmente due approcci: dal generale al particolare viceversa. Mi pare che tu propenda per il secondo e credo sia un buon consiglio, dato che anche giochi “moderni”, tipo Dungeon World, mascherano questa filosofia dietro il termine tecnico di “fronti”. Bene quindi partire da un’idea piccola e cercare di inserirla piano piano in un contesto come sapientemente descrivi, anche perché impostare una trama su più larga scala vuol dire avere la pretesa di una campagna molto estesa, approccio che almeno alla mia età sconsiglio. Meglio vivere alla giornata direi, inanellando piccoli traguardi brevi che formino una costellazione chiara e luminosa a tempo debito. Insomma torniamo alle radici, ancora una volta, come mamma TSR ci insegnò a tempo debito.
Se si vuole procedere al contrario, cioè dal generale al particolare, allora è consigliabile avere a supporto una ambientazione già pronta. I famosi annali dei Forgotten Realms sono un buon esempio. Ci si sceglie un anno, una regione, si vede cosa accade e si prende parte ad un’esperienza collettiva con un’avventura inserita nel contesto. Questo potrebbe essere un altro approccio, molto più faticoso, come da premessa, se non incanalato in un filone ben organizzato. È comunque una pratica da non disprezzare perché permette una maggiore coerenza dell’esperienza di gioco nel medio/lungo termine.
Per concludere, propendo per il tuo approccio, che mi pare più spendibile e facile da attuare per DM che debbano ancora farsi le ossa, senza dimenticare le giuste direttive che fornisci sull’equilibrio tra informazione e descrizione, tra piano giocato e piano narrato. Insomma Maurino, come ti dissi nel primo commento, tieni botta e continua a deliziarci. Un caro saluto!
Grazie Mattia e Kentervin (scrivo una risposta cumulata) per l’apprezzamento che avete dimostrato verso il mio articolo. Ho già parlato con il Doc per mettere in cantiere un altro paio di interventi: uno “classico” sui mostri “ufficiali” che per caratteristiche o perché sono proprio ridicoli è difficile inserire in una campagna (e proverò anche a dare qualche consiglio per utilizzarli … almeno alcuni). E poi avevo piacere di scrivere qualcosa sulla Tomba degli Orrori e sul bellissimo Return to the Tomb of Horrors di Bruce Cordell.
Venendo allo sviluppo dell’incontro, bé, che dire? Mattia hai creato un plot molto migliore di quello che ero riuscito a formulare io. E concordo sul fatto che un retroscena come quello da te indicato sia decisamente più intrigante! E’ questo il bello di D&D, si lascia correre la fantasia e con il confronto si possono creare situazioni ancora più belle e del tutto inaspettate!
Rispondo a Kentervin, dicendomi d’accordissimo: anche io ho sviluppato avventure partendo dall’illustrazione di un mostro o venendo colpito da una descrizione sui Monster Manual (non quelli della 4th edizione …. il primo è semplicemente scandaloso, quasi una guida per un videogame fantasy con solo statistiche, di una freddezza imbarazzante).
Complimenti per l’articolo ^_^
Però non dobbiamo dimenticare che non esistono solo gli incontri, ma anche… i mostri!
Quante avventure create semplicemente leggendo la descrizione di un mostro! Ho giocato alle prime tre edizioni di D&D e devo dire che il mitico Manuale dei Mostri ha sempre dato delle grandi soddisfazioni. Nella terza edizione, poi, si sono sbizzarriti (e a distanza di anni non sono ancora riuscito a metterli in campo tutti!).
La Quarta Edizione l’ho lasciata a scaffale, mi è bastato dare un occhio a come hanno impoverito questo aspetto (3 righe senza nessuna descrizione), se voglio uno skirmish ne ho in quantità.
Confermo anche che prendersi annali ed ambientazione dei Forgotten Realms (ambientazione presa a caso… o forse no ^_^’) e mettersi a studiarli è una bella impresa, però ho notato che ai giocatori piace muoversi in un mondo che io definisco “tridimensionale”: sapere che puoi andare in qualunque luogo e che tutto si muove anche senza di te rende tutto molto più realistico!
Quando abbiamo cominciato l’ultima campagna avevamo fissato una durata minima di due anni, quindi c’era tutto il tempo per approfondire e direi che l’abbiamo sfruttato a dovere.
Concordo con la necessità di trovare un equilibrio tra azione e descrizione, qui contano molto i gusti dei giocatori che hai davanti e quelli li scopri col tempo e con l’esperienza.
Aspetto di leggere il prossimo articolo!
Orrida storia, piena di inesattezze stilistiche ma soprattutto unire due pezzi da 90 a caso (vampiro e demilich) è veramente un tocco da nerd brufoloso… se questa avventura l’hanno annoverata tra le migliori giocate immagino che a livello spazzatura da powerplayer siano abituati
Fulgido esempio di buona educazione e compostezza dei commenti ad articoli che trattano gdr. Bene ribadire sempre i luoghi comuni. Bravo Alessandro.
Grazie molto gentile. Mi piace soprattutto la nota sulle inesattezze stilistiche. Sull’unione a caso forse non hai letto bene l’articolo. In ogni caso, come dicevano gli antichi, de gusti bus non disputandum est. E, per la cronaca, mai avuto brufoli.