Confessioni di un Giocatore da Tavolo – EPISODIO III: i prezzi
di Daniele “ditadinchiostro” Ursini
L’involuzione della specie è un processo incessante che trasforma gli uomini e le donne in maniera irreversibile. Tale trasformazione è spesso talmente profonda da determinare la comparsa di nuove specie collaterali. In alcuni casi specifici è possibile che, pur non manifestandosi novità vere e proprie, il patrimonio genetico di una specie primordiale ne contamini una più evoluta, rimanendo latente finché un evento esterno non risvegli questo retaggio ancestrale. Siffatto evento, denominato con il termine latino di “Ariecculus”, costringe gli scienziati a uno stato di costante sorveglianza, in modo da identificare e isolare al più presto i casi sospetti. Dopo i passi avanti di questi anni sul progetto NN (Nerd Normalization), nessuno, nella comunità scientifica, vuol tornare a una fase di ascesa e sublimazione di tale fenomeno.
Mi chiamo Dita e sono un Giocatore da Tavolo. Mi sto allenando a dirlo sempre più spesso. Me lo ha consigliato il dottore; dice che serve a togliere la sensazione che tutti mi considerino un Nerd. Certo, non è la migliore presentazione del mondo, ma meglio che essere preso per un Nerd. Basta una parola per esser etichettato e, quando succede, non ti invitano più alle cene e per i regali di compleanno non ti contano. Perché il Nerd ha un rapporto complicato con i soldi. Non è proprio tirchieria, è più un parametro di valutazione per il mondo che li circonda. Identificano una soglia di prezzo universale che separa il giusto dallo sbagliato e, con quella tara, marchiano tutto ciò che gli capita a tiro. Mi terrorizza. Più questa visione prende piede, meno possibilità ho di trovare una donna. Utilizzare il costo come riferimento oggettivo è terribile. Mi è già successo: parlo con una ragazza, ci piacciamo, cominciamo a conoscerci e si tira indietro. “Mi dispiace, sei troppo impegnativo. Non può essere così faticoso stare insieme”. E va bene, ci sto, ma almeno non andare a dirlo in giro come una verità indiscussa. Alle tue amiche, in palestra, al bar, a chiunque ti faccia una domanda personale. Devo vivere anch’io. Lasciami la possibilità di trovare una ragazza che non abbia già sentito parlar male di me, che mi si appassioni prima di guardare l’etichetta col prezzo. Magari non a tutti stressano le mie facce la mattina, i capelli nel lavandino o le idiosincrasie con cui sono impastato. Magari c’è qualcuno che non ha bisogno di possedere mille metri cubi di cartone e può investire di più su un’unica scatola. È come esser finiti in un gestionale in cui l’accumulo indiscriminato è l’unico modo di far punti; così il prezzo diventa un parametro di qualità. Io voglio essere valutato per le mie scelte, per quello che valgo, non per quello che costo. Non mi dovete portare per forza a casa, potete anche soltanto apprezzarmi. Un complimento sincero è già abbastanza. Se invece decidete di portarmi a casa, non rinfacciatemi l’investimento, cercate di metterlo a frutto godendovi quel che c’è. Mi piacerebbe non avere controindicazioni, come piacerebbe a un tiramisù rimanere se stesso ed esser dietetico e come piacerebbe ad ogni editore vendere un gioco a venti euro vivendo felice e contento. Purtroppo non sono queste le regole. Le origini di un prezzo si perdono negli imponderabili meandri del proprio vissuto. Sono un Giocatore da Tavolo, non un Nerd, io valuto le cose dall’idea che c’è dietro e da quanto quest’idea mi rende felice. Le persone, i film, le pubblicità, i vestiti, i dolci. Anche i giochi da tavolo. Poi, se il prodotto merita, decido se acquistarlo. Valuto se posso permettermelo, se voglio permettermelo. Una valutazione mia, strettamente personale, presa nel buio del mio portafoglio, del mio tempo, delle mie necessità, del mio umore. Nessuna voce nella testa a dirmi “Lascia stare, è troppo”. Lo so che è troppo, ma guarda che bellezza! Mi piace. “Ti va di fare qualche partita con me? Senza impegno. Almeno per ora. Io non sono un Nerd”.
Io sono nerd
“Ho pagato troppo poco questo libro per quanto mi ha dato” o ” Ho pagato così tanto per vedere questa zozzeria” Sono frasi che dico spesso alla fine di un libro, concerto, musical o film quindi questo articolo mi appartiene ( e non ho pagato nulla per averlo!! :) ). Non conosco il tuo valore, ma sul prezzo ci si accorda.
Bell’articolo, veramente bello e da giocatore veritiero. Peccato però che la carta é carta, la plastica é plastica, il legno é legno e gli illustratori calcolano i costi per ore di lavoro.