Personalità ludiche: Chestnut Bud
di Walter “Plautus” Nuccio
Proseguiamo il viaggio attraverso i vari modi di vivere la dimensione ludica, descritti mediante i profili comportamentali dei 38 Fiori di Bach (vedi articolo precedente), con la tipologia Chestnut Bud.
Questo fiore rappresenta la tendenza a ripetere di continuo gli stessi errori, laddove il termine errore può indicare tanto un peccato veniale, come il dimenticare di spegnere la luce quando si esce da una stanza, quanto una problematica più seria quale, ad esempio, la tendenza ad instaurare relazioni affettive sempre con lo stesso tipo di partner, ritrovandosi quindi ad affrontare le medesime difficoltà e l’inevitabile separazione che ne consegue.
Più generalmente Chestnut Bud è collegato all’apprendimento, alla capacità di individuare le cause dei propri sbagli e intervenire al fine di raddrizzare il tiro. Questa capacità è certamente fondamentale tanto nel gioco vivo quanto nel game design.
Il giocatore Chestnut Bud
Il giocatore Chestnut Bud è senza dubbio un vero appassionato. All’uscita di un nuovo titolo che corrisponda almeno un po’ ai suoi gusti è preso da un’irresistibile desiderio di acquistarlo, desiderio che non di rado si trasforma in una vera e propria compulsione. Non importa che quella specifica casa editrice abbia già tante volte fatto uscire giochi con regolamenti astrusi e incomprensibili, con una componentistica non adeguata o ad un prezzo decisamente folle: la persona è fermamente convinta che “stavolta sarà diverso”, che si tratta della volta buona, del gioco “definitivo”. Non vuole assolutamente rinunciare all’acquisto che, ne è sicuro, gli assicurerà tante soddisfazioni. Ma non è infrequente che, una volta sborsata la somma, ne rimanga ben presto deluso, ritrovandosi a chiedere perché mai “ci è cascato ancora una volta” nonostante ci fossero dei chiari indizi che avrebbero dovuto scoraggiarlo dal comprare. E’ così che la scatola, forse dopo un tentativo poco convinto di portare a termine almeno una partita, viene ammucchiata in cima al solito scaffale, insieme a tutte le altre che, frutti di acquisti altrettanto incauti, attendono ancora di essere riscattate dal loro polveroso e triste destino.
Anche nel gioco vivo Chestnut Bud mostra una chiara difficoltà a prendere coscienza dei propri errori e a mantenere desta l’attenzione. Spesso distratto e confuso, alla sua prima partita chiederà ripetutamente chiarimenti sulla stessa regola, che sembra proprio non voglia entrargli in testa; se invece il gioco è di sua proprietà, anche se lo studia ormai da un po’ di tempo tenderà a sbagliare più volte quel dettaglio del setup o quella regola cruciale che da sola, se trascurata, è sufficiente ad invalidare l’intera partita.
A differenza di Cerato (che, come abbiamo visto, può imitare il gioco degli altri per colmare le sue insicurezze), Chestnut Bud non sembra molto interessato ad imparare da chi è più esperto di lui, o forse, semplicemente, non ne è capace. Si ritrova quindi a commettere delle clamorose sviste tattiche o strategiche, non solo alla prima partita, il che sarebbe anche normale, ma anche nelle successive. Nonostante ogni volta si riprometta di tenere presente nel futuro il dettaglio appena trascurato, inevitabilmente continua a tralasciarlo, regalando la vittoria all’avversario: “ho dimenticato di nuovo di nutrire la popolazione!”, oppure “non considero mai che l’avversario può impedirmi quella mossa”, sono solo alcuni esempi.
Il designer Chestnut Bud
Come game designer Chestnut Bud tende ad essere piuttosto incostante. Può, ad esempio, continuare a rimandare l’inizio dei lavori, fantasticando su mille e uno meccaniche o idee originali ma senza mai trovare il tempo di iniziare concretamente l’attività. Questa, però, è solo una delle possibilità. Un’altra è la tendenza, esattamente opposta, a cominciare molti lavori senza mai condurli in porto. La persona può essere inizialmente entusiasta di un’idea, cominciare a svilupparla e poi abbandonarla ben presto perché “non può funzionare”, “non convince” oppure semplicemente perché si è annoiato ed ha voglia di passare ad altro. In questo caso Il suo computer sarà pieno di progetti (ludici e non) iniziati e poi lasciati in sospeso; ciò, va precisato, è comune anche a molti designer affermati, con la non trascurabile differenza che questi ultimi hanno comunque portato a termine un buon numero di lavori (anche se non necessariamente pubblicati).
Se si scontra con un problema, e questo capita continuamente nella progettazione di un gioco, Chestnut Bud tenderà ad applicare sempre lo stesso tipo di soluzione, benché questa abbia dimostrato più volte, in passato, di non funzionare. Non c’è interazione? Mettiamo un bell’attacco diretto! Vogliamo vivacizzare un po’ il gioco? Lasciamo che gli avversari possano rubarsi carte a vicenda! Vogliamo un pizzico di sorpresa? Allora peschiamo tessere a caso da un mazzo! In genere questa tendenza a ragionare in modo stereotipato migliora con l’esperienza e con la conoscenza di un ampio ventaglio di giochi editi, il confronto con i quali fornisce spunti e suggerimenti per prendere una direzione diversa da quella cui si sarebbe portati per istinto. Occorre però che questo processo sia almeno in parte reso consapevole, che ci sia un minimo sforzo per tentare di capire dove si sbaglia e di comprendere più a fondo perché certe soluzioni, adottate da autori esperti, funzionano meglio di altre.
Suggerimenti pratici
Chestnut Bud è sostanzialmente vittima degli automatismi che lui stesso si crea: che si tratti di acquistare, giocare o progettare, egli dovrebbe imparare ad agire in modo meno impulsivo, a riconoscere per tempo quando l’azione che sta per intraprendere non porterà buoni frutti, ad analizzare gli errori commessi prima di lanciarsi in una nuova impresa, in modo da non ripeterli.
Egli dovrebbe essere meno precipitoso quando si tratta di valutare un acquisto, di scegliere una mossa oppure di risolvere un problema di game design: meglio prendersi un po’di tempo per riflettere prima di lanciarsi nell’azione, e, soprattutto nel design, valutare sempre e comunque delle possibilità alternative, magari meno ovvie ed evidenti ad uno sguardo superficiale ma forse proprio per questo più interessanti.
Tutti abbiamo qualcosa da apprendere, e in effetti il processo di crescita non ha mai termine. Personalmente, una delle cose che ho trovato più ostiche è stata imparare a modificare un gioco senza necessariamente renderlo più complesso. Un trucco che a volte si rivela utile, quando ci si trova di fronte ad un problema di design, è quello di provare a pensare “Come l’avrebbe risolto [nome del vostro autore di giochi preferito]?”.
Per superare questo stato occorre inquadrare con chiarezza cosa lo determina: a volte bisogna moderare l’entusiasmo iniziale con una buona dose di realismo, rinunciando ad un progetto apparentemente allettante; altre volte, al contrario, è necessario essere più perseveranti e continuare a sviluppare l’idea, accettando l’errore come un’opportunità di apprendimento e non già come un segnale che è tempo di passare ad altro.
Interessantissimo il parallelismo tra fiori di Bach e mondo ludico, e più che mai ho trovato pertinente l’analisi del Chestnut Bud