Sfide impossibili: Fire & Axe vs Blood Rage
di Daniele “ditadinchiostro” Ursini
C’era una volta il vento del Nord. Solcava il mare alzando onde minacciose, gelava le scogliere, gonfiava le vele dei Drakkar in rotta verso i porti d’Europa per depredarli d’ogni ricchezza. Commercianti e combattenti spietati, i clan Vichinghi navigavano in cerca di gloria e denaro, guidati da magiche rune. Nessuno era al sicuro quando comparivano quelle vele all’orizzonte, nessuno poteva decifrare in anticipo i loro piani ma tutti erano consapevoli che non avrebbero lasciato amici sulla propria strada.
C’era una volta il vento del Nord. Solcava l’oceano alzando onde minacciose, gelava le scogliere, spazzava le montagne di Midgard seminando dolore e distruzione fino alle pendici di Asgard. I diversi clan di guerrieri Vichinghi erano pronti a combattere tra loro per la supremazia, affidando la propria vita agli Dei prima che il Ragnarok giungesse a distruggere il mondo conosciuto. Era la gloria che volevano. La gloria che galleggiava sul sangue dei nemici sconfitti al termine d’una battaglia.
La sfida più impossibile di tutte è tra Fire & Axe a Viking Saga uscito nel 2004 e a breve riedito da Pandasaurus Games e Blood Rage, un progetto kickstarter della Cool Mini Or Not, che verrà pubblicato il prossimo ottobre. Un gioco con numerose partite all’attivo da parte degli appassionati contro un titolo di cui allo stato attuale si conosce soltanto il regolamento. A legare i due estremi i Vichinghi. Vichinghi visti da angolature diverse ma pur sempre Vichinghi.
Che le storie dei popoli del Nord siano un’ambientazione molto popolare nei giochi da tavolo non è un mistero ma il punto di vista estremamente diverso proposto da due titoli sul medesimo soggetto, è tanto divertente quanto interessante. In questo modo i villaggi Vichinghi prendono le sembianze del villaggio dei Puffi in cui convivono Quattrocchi e Tontolone, Forzuto e Sognatore. Vichinghi commercianti o Vichinghi assassini? Soldi o Sangue? Là nei villaggi Vichinghi, Vichinghi qua Vichinghi là, Vichingano, Vichingano tutti, Vichinghi qua Vichinghi là.
Comparare grafica e materiali è un esercizio ovviamente inutile. Il potere della piattaforma kickstarter in questo senso è insuperabile: le miniature chiamano fondi e i fondi altre miniature. Con un progetto chiuso a oltre novecentomila dollari si può facilmente immaginare la quantità e qualità del materiale che Blood Rage potrà vantare. Fire & Axe però non sfigura. Non lo faceva la vecchia edizione e ancor meno lo farà questa ristampa su cui si è lavorato per migliorare ulteriormente la grafica e i tanti componenti in plastica, già eccellenti in passato.
Fire & Axe è un gioco con un’alta componente di fortuna. Il dado e le carte Runa, cui è delegata gran parte dell’interazione diretta, risultano spesso determinanti. Dal punto di vista dell’alea l’esperienza di gioco è paragonabile a quella di Risiko, mentre non lo è affatto per quanto riguarda le meccaniche. Fire & Axe propone alcune meccaniche davvero eleganti e innovative ancora oggi, a più di dieci anni dalla prima pubblicazione.
Il turno di gioco è basato su punti azione, ogni giocatore ne ha sette da spendere tra il carico del proprio Drakkar e la navigazione. In ogni porto in cui si sbarca si può effettuare un’attività di commercio, saccheggio o razzia senza spendere ulteriori punti. Il saccheggio e la razzia sono pesantemente condizionati dal tiro dei dadi, solo parzialmente mitigato dai beni commerciati nello stesso porto e dalle carte Runa possedute.
La linea strategica è dettata dalle carte Saga sul tabellone, le quali rappresentano obiettivi comuni a tutti i giocatori. La Saga si considera completata dal clan che la termina, anche nel caso in cui parte di essa fosse stata precedentemente risolta da altri. Alla conclusione del mazzo Saga (composto casualmente a seconda del numero di giocatori) iniziano i tre turni finali, dopodiché tutto ciò che è stato conquistato durante la partita si trasforma in ricchezza, proclamando vincitore chi ne possiede la parte maggiore.
Passerella d’onore per la meccanica di Navigazione Difficoltosa. Astuta e perfettamente amalgamata, contribuisce ad elevare in quantità e qualità le occasioni di interazione indiretta consentite dal gioco. Ogni carta Runa utilizzata permette di modificare la direzione del vento, determinando così quanti spazi delle quattro porzioni di mare è possibile solcare in maniera sicura. Chiunque superi quel limite accuserà delle perdite nella propria ciurma, rischiando di vanificare una strategia che non preveda piani alternativi.
Da una veloce occhiata al regolamento della nuova edizione di Fire & Axe non mi è sembrato di rilevare novità al di fuori di grafica e materiali. La lettura del regolamento di Blood Rage è stata sicuramente più approfondita, eppure anche lì non mi è sembrato di scorgere grandi novità, seppure non ci fosse una vecchia edizione con cui confrontarsi.
Eric M. Lang, autore di successo e talento, affonda le mani nell’aspetto più mitologico dei popoli del Nord e, quando le ritira fuori, queste grondano sangue. Blood Rage è un gioco di battaglie, scontri senza prigionieri, con una parte di controllo territorio. Associarlo a Caos nel vecchio Mondo è soltanto una suggestione dovuta all’autore e alla tematica di conflitto; Blood Rage non sembra avere né la profondità né l’eleganza del fratello maggiore. Molto più simile invece appare Kemet, gioco sicuramente meno strutturato ma che, allo stesso modo, punta quasi esclusivamente alle battaglie tra i giocatori, limitando la durata della partita.
Interessante la meccanica che conferisce l’asimmetria ai clan altrimenti uguali. Per ognuna delle tre ere i giocatori effettuano un draft dell’apposito mazzo di carte, variando così le proprie caratteristiche peculiari di partita in partita. All’interno del mazzo sono presenti diverse tipologie di carte: le carte upgrade permettono di migliorare le caratteristiche del clan, dei propri guerrieri o sciamani, le carte battaglia sono modificatori per gli attacchi mentre le quest obiettivi da completare. Le carte mostro permettono invece di prendere il controllo di uno degli esseri del Midgaard, coinvolgendolo nelle battaglie a proprio favore.
Nel turno di gioco si può effettuare una di cinque azioni: posizionare una nuova miniatura sul tabellone, muovere una miniatura presente, completare una quest, giocare un upgrade oppure saccheggiare. Il saccheggio è il centro del gioco, quando lo si dichiara tutti i clan con miniature in territori adiacenti possono decidere di partecipare alla battaglia nella regione attaccata finché vi sono villaggi liberi. L’esito dello scontro è determinato dalla forza delle truppe in campo più le apposite carte giocate. Il vincitore è l’unico che perde la carta utilizzata in cambio di una ricompensa in punti gloria.
La semplicità delle regole di Blood Rage non deve far pensare troppo male. Gran parte dell’esperienza di gioco è data dalle carte, dai poteri che queste esprimono e da come tali poteri si combinano o si scontrano tra loro. Tutto ciò ovviamente non si può evincere dalla sola lettura del regolamento, pertanto non resta che supporlo e la mia supposizione in tal senso non può che essere positiva. Lang ha dimostrato più volte nella sua carriera di riuscire con straordinaria efficacia a calibrare e amalgamare i vari poteri che permeano i suoi giochi.
L’impressione è quella di un titolo estremamente solido: durata media, alea ridotta, asimmetria, battaglie continue e materiali superlativi. Di contro la profondità non sembra essere degna di nota, probabilmente si rivelerà più importante la tempistica delle azioni rispetto alle azioni stesse. Non che questo sia un difetto in valore assoluto ma dovrebbe spingere il gioco verso una platea occasionale piuttosto che di giocatori esperti.
Ed è su questo terreno, quello dei giocatori occasionali, che i Vichinghi commercianti sfidano i vichinghi guerrieri. Fire & Axe non può appagare i giocatori esperti, a meno che questi non sappiano godersi gli scherzi del dado. In tal caso il gioco si rivelerà spassoso e frustrante, sempre incerto e mai banale, un insieme di sensazioni ad esaltare meccaniche che non sanno lasciare indifferenti. La possibilità per i neofiti di afferrare facilmente il meccanismo di base contendendo la vittoria a chiunque fin dalla prima partita, ne fa un titolo capace di attraversare trasversalmente il mondo ludico mantenendo alto il proprio fascino. Un fascino che Blood Rage delega quasi completamente alle sue stupefacenti miniature, al netto delle quali si rivela un gioco freddo, senza meccaniche capaci di sedurre pur se privo di difetti degni di nota. Lo stesso non si può dire del suo avversario, costretto a confessare una scarsa scalabilità e un downtime troppo spesso mortificante per l’esperienza di gioco.
E così vago, là nel villaggio vichingo, guardandomi attorno in cerca di un’ispirazione divina che mi mostri il vincitore di questa sfida. C’è il Vichingo falegname, il Vichingo barista, il Vichingo giardiniere, quello saggio, l’architetto, il pasticciere, lo scienziato. C’è il Vichingo trans, il Vichingo celiaco, il Vichingo albino, quello studioso, l’intrattenitore, il capitano, lo scazzato. Ovunque volto lo sguardo vedo Vichinghi tutti diversi tra loro, magari poco raccomandabili ma capaci di vivere insieme. Allora capisco. Capisco quale gioco debba prevalere sull’altro.
C’era una volta il vento del Nord. Solcava il mare alzando onde minacciose, gelava le scogliere, gonfiava le vele dei Drakkar in attesa di salpare. Nessuno rimaneva a terra, il corno ululava l’adunata. Tutti, tutti dovevano intraprendere questo viaggio. Prepararsi a un’avventura tra fuoco ed asce. “Non fa per me”. Schiumose onde s’infrangevano sullo scafo. “Fa per tutti”. I sinistri lamenti del legno graffiavano le orecchie. “Uccideremo?” La prua oscillava violentemente assecondando gli umori del mare. “Solo se sarà necessario. Commerceremo dove sarà possibile, attaccheremo, bruceremo e fonderemo nuove colonie quando vorremo farlo. Diventeremo ricchi e altri Vichinghi nasceranno per tramandare le nostre tradizioni. Siamo i migliori guerrieri del mondo, lo dimostreremo con orgoglio ovunque ci porteranno le nostre vele”. Gli Dei li osservavano dalla propria dimora: silenziosi, tesi, immobili. Non era il momento di intervenire, non era ancora il momento di intervenire. Un secondo corno ululò. Poi un altro e un altro ancora. Tutto era pronto. “Torneremo?”. “Se avremo fortuna”.
Accidenti a te! Mi era passata la scimmia e adesso mi è tornata… ma il dado per conqusitare Parigi è ancora troppo decisivo… e poi io non riesco mai ad andare oltre il 4!
Parigi val bene un 5 ;)
Nonostante siano passati diversi anni e parecchie serate spese a giocare ed a bere birra, Fire and Axe rimane uno dei miei giochi preferiti.
Il fatto di avere una componente aleatoria per me non va inteso come un difetto ma come un aggiunta, infatti permette di approcciarsi al gioco con un pò di leggerezza.
L’interazione tra giocatori, anche se indiretta, è presente e più di una volta ci si fà lo sgambetto cercando di soffiarsi la colonia di turno.
Per le meccaniche proposte e la varietà di gioco che offre per me è un must have