Nostalgia canaglia: tornare a visitare la Tomba degli Orrori

di Mauro “Maurino” Ferrarini

Nostalgia, nostalgia canaglia /che ti prende proprio quando non vuoi.
Ti ritrovi con un cuore di paglia,/è un incendio che non spegni mai
”.

Così cantavano Al Bano e Romina, ricordando le sessioni di Dungeons & Dragons trascorse a fronteggiare le mille insidie della famigerata Tomba degli Orrori …Come dite? Non si riferivano a questa nostalgia? Bè, è un peccato, perché quando torno con la memoria ai primi anni Ottanta, non posso fare a meno di pensare a “lei”: la regina di tutti i dungeon, La Tomba degli Orrori partorita dalla mente di quel genio che è stato Gary Gygax.

Anche alla TSR dovevano ricordare con nostalgia i tempi eroici della vecchia scuola di Dungeons & Dragons e, complici il ventennale della pubblicazione del modulo originale e la disponibilità di un grande designer come Bruce R. Cordell, nel 1998 fu pubblicato Return to the Tomb of Horrors, un omaggio e insieme una rilettura dello scenario, che vide la luce, per l’appunto, nell’ormai lontano 1978.

Con questo articolo desidero rendere omaggio sia alla creazione di Gygax sia a quella di Cordell, il quale è riuscito in un’impresa non indifferente: migliorare l’esistente, donandogli contemporaneamente nuova linfa vitale.

Prima di proseguire devo avvertire i lettori. In questa recensione di Return to the Tomb of Horrors sono presenti parecchi spoiler, per cui chi avesse in mente di affrontare in qualità di avventuriero i misteri letali della Tomba, termini qui la lettura. Per tutti gli altri, invece, spero che questo articolo vi risulti piacevole, come per me lo è stato scriverlo.

Prima del figlio, parliamo un po’ del babbo

Tomb of Horrors è uno scenario tra i più famosi di Dungeons & Dragons. Purtroppo in Italia non è mai stato tradotto, così come pure il suo seguito Return to the Tomb of Horrors. Nonostante questo, per chi mastichi un pochino di inglese e non si spaventi di fronte alla prosa, non proprio lineare, di Gygax la lettura è già di per sé avvincente, e spingerà senz’altro i DM a proporre immediatamente una bella gita nella Tomba ai propri impavidi giocatori.

Il facsimile dello scenario originale di Gary Gygax è semplicemente perfettoUno degli elementi che, a mio parere, ha segnato in positivo Tomb of Horrors (mi sto ancora riferendo al modulo originale) è il distacco dall’approccio meramente hack&slash caratteristico dei moduli precedenti e di molti di quelli che sono seguiti. Averlo fatto nel 1978, quindi nel pieno dell’infanzia di Dungeons & Dragons, è un fattore importante, che ha contribuito ad allargare la mente dei Dungeon Master, suggerendo la possibilità che il gioco di ruolo Old School potesse essere declinato anche in maniera diversa dal semplicistico EUMATE (Entra – Uccidi – Mostro -Arraffa – Tesoro – Esci), ormai tanto disprezzato dai giocatori di ruolo moderni.

Tomb of Horrors, infatti, è uno scenario in cui la presenza di mostri è decisamente minoritaria, rispetto alle trappole e alle insidie disseminate nelle polverose camere sepolcrali dove riposano i resti scheletriti (ma, ahimé, ancora estremamente letali) dello stregone Acererak, diventato un orribile demilich.

Il dungeon progettato da Gary Gygax, su uno spunto suggerito dall’amico Alan Lucien, è un dedalo di trabocchetti e contro trabocchetti degni di Jigsaw, il cattivo della saga horror di Saw, alcuni dei quali, occorre dirlo, decisamente eccessivi poiché la sopravvivenza o la morte dei PG spesso è affidata a un’arbitraria scelta tra aprire o meno una porta piuttosto che un’altra … ma stiamo parlando della Tomba degli Orrori … Che diamine! Se si cercava una sfida leale, occorreva pensarci due volte prima di sfidare il tremendo Acererak!

Nella sua concezione originale, la Tomba degli Orrori non rappresentava una minaccia da affrontare per “salvare il mondo”. Inserendosi nella classica filosofia della Old School, la fama del sotterraneo, unita alle leggende di un fenomenale tesoro sepolto con le spoglie dello stregone malvagio, erano più che sufficienti ad armare torme di intrepidi (o incoscienti, fate voi) avventurieri pronti a rischiare non solo la vita, ma anche la propria stessa anima, per esplorare il dungeon, uscirvi ancora tutti interi e poter raccontare: “io ce l’ho fatta!”.

Ma potete pensare davvero che uno stregone millenario come Acererak fosse seriamente disposto a lasciare che il suo sancta sanctorum venisse continuamente violato da masnade di tombaroli rumorosi, sozzi e, diciamola tutta, anche un po’ buzzurri? Anche a questo deve avere pensato Bruce R. Cordell, quando ha preso l’incarico di tornare sul luogo del misfatto con il suo Return to the Tomb of Horrors.

Un contenuto deluxe

Aprendo il boxed set non si può non rimanere stupiti della quantità e qualità dei materiali all’internoPubblicato nel 1998, il seguito della Tomba degli Orrori si presenta in una sontuosa versione deluxe. Non semplicemente un manuale, ma un’intera scatola (di quelle grandi) piena zeppa di materiali. Il prodotto fu inserito nella mini collana di Advanced Dungeons & Dragons Tome Adventure insieme con un’altra saga famosissima Rod of the Seven Parts (1996) e con la mega avventura Axe of the Dwarvish Lords (1999); quest’ultima venduta non nel boxed set ma come manuale brossurato con copertina morbida

All’interno della confezione troviamo, anzitutto, un facsimile in tutto e per tutto identico allo scenario originale della Tomba che, come vedremo, non è solo un gadget per i collezionisti, ma entra a fare parte della campagna stessa. Il pezzo forte è il manuale di ben 168 pagine, illustrato in bianco e nero da Arnie Swekel e Glen Michael Angus, che descrive l’intera avventura. Da segnalare la prefazione scritta da Gary Gygax che racconta alcuni gustosi retroscena della genesi dell’avventura che più lo ha reso famoso tra i fan di Dungeons & Dragons.

Seguono un libretto in carta patinata lucida di 16 pagine con le mappe dei luoghi da esplorare e i nuovi mostri appositamente creati per il prodotto e un altro fascicolo di ben 32 pagine pieno zeppo di illustrazioni (molte a tutta pagina, altre su mezza) da mostrare ai giocatori in momenti ben precisi delle vicende, per aiutarli a visualizzare meglio la situazione. Si tratta di un classico, poiché anche il modulo originale, primo in assoluto tra gli scenari di Dungeons & Dragons, offriva un’appendice “visiva” per gli incontri topici.

Da ultimo, nella scatola si trovano gli immancabili handouts, ossia indizi, disegni e schizzi di mappe da consegnare ai giocatori come aiuti concreti durante l’esplorazione. Tra questi handouts vale la pena citare un vero e proprio “diario dell’avventuriero” di 8 pagine scritto dal mago Desatysso, colui il quale è scomparso senza lasciare traccia dopo essersi messo sulle tracce del vero segreto della Tomba degli Orrori.

Quando il sequel migliora l’esistente

Il manuale brossurato di Return to the Tomb of Horrors ha più di 160 pagine colme di informazioni preziosePrima ho scritto “campagna” e non è stato un caso. Return to the Tomb of Horrors innesta l’originale Tomba in una vera e propria campagna di alto livello progettata per personaggi di 13°-16° livello per Advanced Dungeons & Dragons 2nd Edition. Giocarla interamente richiede un’intera stagione, ma garantisce per chi sopravvive l’accesso all’empireo del mitico 20° livello (e oltre, almeno per alcuni dei giocatori che ho guidato oltre dieci anni fa).

La storia in due parole. Nei secoli passati, la sinistra nomea della Tomba ha attirato continuamente bande di avventurieri, desiderose di sfidarne gli orrori celati all’interno e scoprire il fato ultimo del terribile Acererak, lo stregone lì sepolto. Anche se centinaia di sciocchi sono periti nelle viscere del sepolcro, alcuni (pochi) sono riusciti a riemergere alla luce, raccontando della cosa in cui si era tramutato Acererak: un demilich, ossia una specie di evoluzione del terribile mago non morto conosciuto come lich.

Liberati dalle spoglie mortali, tramutate in poche ossa e polvere, i lich più anziani esplorano le vastitudini del multiverso con il loro indomito e terribile ego, lasciando sul piano materiale pochi resti vestigiali di ciò che furono. Il demilich è, in definitiva, tutto ciò che rimane del corpo del mostro; il teschio, dai denti scintillanti di gemme e dai blasfemi diamanti incastonati nelle orbite cieche, è in grado però ancora di difendersi egregiamente da coloro che osano disturbare il suo vagare tra le dimensioni.

Proprio questi terribili racconti, uniti al fatto che chi sopravviveva all’ordalia della Tomba ne usciva trasformato (e non in bene … già gli avventurieri sono un po’ squilibrati per conto loro, immaginatevi poi come si devono sentire quando hanno visto le anime stesse dei loro compagni essere avidamente divorate dall’ululante teschio del demilich Acererak), gelarono un po’ dell’entusiasmo e con il tempo la Tomba perse quel fascino perverso che aveva animato tanti cuori coraggiosi.

Nel frattempo un mago di grande potere, un certo Desatysso, iniziò a sospettare che dietro alla Tomba degli Orrori si dovesse nascondere un piano ben più grande ed oscuro, il cui regista non era altri che il famigerato Acererak. Ma, guarda un po’, Desatysso scomparve anni fa senza lasciare tracce: cosa gli sarà successo?

Il ritorno alla Tomba degli Orrori

Il manualetto di 16 pagine con le mappe per la campagna è separato dal resto per una agevole consultazione durante le sessioni di gioco ed è interamente a coloriLa campagna di Return to the Tomb of Horrors si sviluppa su queste basi. Attraverso una serie di eventi decisamente terrorizzanti, il gruppo di avventurieri si trova coinvolto nella ricerca di Desatysso e del mistero che si cela dietro la Tomba e il suo misterioso signore.

L’ambientazione che fa da sfondo alla campagna è quella del periodo d’oro di Dungeons & Dragons: Greyhawk. La vicenda ha inizio a Kalstrand, un borgo fluviale e da lì si sviluppa in cinque macro capitoli: l’eremo montano dell’arcimago Desatysso, il viaggio verso la Tomba degli Orrori, l’Accademia e la Tomba, l’esplorazione della Città di Moil e il confronto finale con Acererak nel suo ultimo rifugio sul Piano Negativo dell’Energia.

In realtà, qualsiasi DM con un minimo di lavoro può posizionare la Tomba degli Orrori in qualsiasi altro setting. Per esempio, nei Reami Dimenticati una delle collocazioni ideali è il Cormyr. Io ho fatto partire l’avventura nella città di Arabel, posizionando la casa di Desatysso sui Picchi Tempestosi (Storm Horns) e l’Accademia sorta sopra la Tomba degli Orrori nelle profondità degli Acquitrini di Marlontano (Farsea Marshes). La Città di Moil e il rifugio di Acererak, invece, si trovano su altri piani dell’esistenza.

Anatomia di un’avventura

Con il progressivo abbandono della Tomba, il luogo di sepoltura dello stregone malvagio divenne metà di un oscuro pellegrinaggio da parte di negromanti e adoratori del Culto della Morte. Con il tempo, sulla collina sotto la quale era stata scavata la Tomba degli Orrori sorse una vera e propria cittadella abitata da folli seguaci della Tetra Mietitrice, maghi e studiosi oscuri che fondarono un’Accademia Nera.

Seguendo le tracce lasciate da Desatysso e interrogando i suoi ex compagni di avventura, tutti con profonde cicatrici fisiche e mentali lasciate dalla visita alla Tomba, i nostri eroi arrivano all’Accademia dove devono trovare la via per raggiungere la Tomba. Questa, infatti, non è il fine ma un accesso per una antica città colpita da una terrificante maledizione.

Una terrificante immagine di Moil: la Città che AttendeDurante l’avventura, dunque, il gruppo deve affrontare gli orrori della Tomba originale (ecco il perché del facsimile dello scenario del 1978) fino ad arrivare alla Bocca del Divoratore, l’effigie in pietra verde che raffigura Acererak e che contiene una Sfera dell’Annichilimento … a meno di non avere l’opportuna chiave che consente di varcare le fauci del Divoratore e passare nel reame di Ranais, dove si trova Moil.

Moil, la Città che Attende. Gli abitanti di questa città adoravano nientepopodimeno che Orcus, il demone dio della non morte e per questo furono condannati a un’eternità di penombra eterna e di gelo che fece cadere vittima tutti i moiliani di una sorta di coma sempiterno.

L’architettura di Moil è davvero stupefacente. Il meglio che si possa desiderare per ambientare un’avventura epica. La città, infatti, si sviluppa in altezza con torri altissime, collegate tra loro, a vari livelli, attraverso ponti che danno su orridi senza fondo. La natura della maledizione che colpì la città, infatti, trasformò quest’ultima in un semi piano (quasi come uno dei reami di Ravenloft). Moil, dunque, sembra sorgere da una nebbia oscura e gelida, solcata da lampi corruschi di energia negativa. Inutile dire cosa potrebbe accadere a chi fosse tanto sfortunato da precipitare in quell’orrido abisso!

Esplorando le torri della Città che Attende, il gruppo deve evitare le Vestigia, spiriti non morti potentissimi creati dalla fusione delle anime dannate dei moiliani, oltre ad affrontare zombi e wight potenziati dall’energia negativa.

Immaginatevi la gioia (si fa per dire) di Acererak quando scoprì questo luogo. Con la morte di Orcus per mano della divinità drow Kiaransalee, Moil era il luogo perfetto dove nascondere l’ingresso al vero eremo del lich: la Fortezza della Conclusione nascosta nel nulla del Piano Negativo dell’Energia. Ma a dispetto della difficoltà di accedere all’ultimo luogo di riposo dello stregone non morto raggiungere la fortezza non era impossibile, poiché l’impresa nascondeva un fine molto perverso (non ci aspettavamo altro da un brutto ceffo come Acererak).

Acererak, infatti, punta a condurre alla sua fortezza solo le anime più forti e più potenti. Il suo scopo è quello di incamerare più spiriti potenti possibili per trasformarsi in una vera e propria divinità. Se per questo ci vorranno secoli o millenni … bé, poco male!

All’interno del libretto con le illustrazioni da mostrare ai giocatori è rappresentato l’ingresso alla Fortezza della Conclusione (sinistra) e il triste fato del mago Desatysso (destra)Da Moil i PG devono trovare la strada che li condurrà fino alla Fortezza della Conclusione, una sorta di asteroide sospeso nel vuoto dell’energia negativa, con un dungeon degno della Tomba degli Orrori sul piano materiale, sebbene ben più fornita di mostri che di trappole: entrambi micidiali.

All’interno della Fortezza gli avventurieri apprenderanno la triste storia di Desatysso, tenuto in vita in un’orrida posizione a testa in giù e caduto vittima di Acererak, proprio quando l’arcimago pensava di avere raggiunto l’obiettivo. Nel dungeon si trovano parecchie trappole maligne e si fa la conoscenza di Tarnhem, il babbo di Acererak (un demone balor tenuto prigioniero in una specie di salamoia) e della mamma del Gargoyle a 4 braccia dello scenario originale!

Tra le trappole, una menzione d’onore va a dei rotoli di pergamena che hanno imprigionato al loro interno il tempo di millenni. Chi fosse tanto sciocco da aprire i legacci e scorrere il contenuto delle pergamene, libererebbe all’istante il tempo imprigionato, invecchiando e trasformandosi in polvere come se fosse invecchiato di migliaia di anni nel giro di un battito di ciglia. L’unico indizio che qualcosa non va è dato dalle fiamme delle torce che illuminano il locale dove sono custodite le pergamene. A causa della stasi temporale, infatti, il fuoco sembra immobile e le torce paiono non consumarsi …

Chiude il manuale una corposa appendice contenente gli incantesimi e gli oggetti magici unici creati appositamente per questa campagna. Anche in questo caso: davvero tanta roba!

Conclusioni

Che altro dire? Se siete dei DM della vecchia scuola, Return to the Tomb of Horrors è il miglior omaggio che si sarebbe potuto fare a Gary Gygax e una campagna da provare, sicuri che si tratterà di un’esperienza entusiasmante. Per chi ha iniziato a giocare a D&D più tardi, la lettura di questo boxed set sarà una piacevole sorpresa che incarna il vero spirito Old School miscelandolo con la più moderna sensibilità, per la quale gli avventurieri devono salvare il mondo ogni volta che staccano i loro intrepidi deretani dalle seggiole della locanda di turno.

Infine un’ultima annotazione. Nel romanzo Player One di Ernest Cline (ISBN Edizioni, 2011, trad. Laura Spini), il protagonista nerd Wade si trova a esplorare la vera Tomba degli Orrori e a giocare al videogioco Joust con il demilich Acererak. Un libro gustosissimo per chiunque sia cresciuto a pane, Dungeons & Dragons e Pac Man!

4 pensieri riguardo “Nostalgia canaglia: tornare a visitare la Tomba degli Orrori

  • 19 Febbraio 2015 in 09:16
    Permalink

    Oddio, ma sono l’unico che si è immaginato Al Bano vestito da Bardo che si avventuare fra i dungeon? :D

    Comunque davvero un bell’articolo.
    L’unico rammarico è non averlo mai potuto giocare. Ma mai dire mai… :)

  • 19 Febbraio 2015 in 09:32
    Permalink

    Splendida la citazione di “Player One”. Davvero un gioiello di libro, una lettura immancabile.

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