Babele Spiel ‘14 CAP. II – Non ragioniam della loro grafica, ma guarda e passa

di Daniele “ditadinchiostro” Ursini

“E’ l’Inferno dei giochi da tavolo”. La voce profonda proruppe dalle mie spalle mentre innanzi a me un tetro squarcio si stendea a perdita d’occhio. Un uomo di bassa statura e abbondante stazza m’oltrepassò celandosi nel suo mantello. “Seguimi”. La discesa agli inferi ebbe inizio, lui fluttuando a gambe larghe, io arrancando sul terreno fangoso. Con fatica lo seguii nel primo di tre concentrici cerchi che perforavano la terra come cuneo nella carne. “Codesto” disse con voce atona “è il girone delle Sirene, ove i giochi seducono col loro aspetto, prima d’imprigionar nell’oblio dei contenuti. Solo pochi turni e si è smarriti per sempre”. L’aria crepitava di paura e lingue infuocate richiamate dal nulla. Camminammo un ampio cerchio fra gemiti di scatole e giocatori, fui io a infrangere il silenzio oltrepassando un anfratto nella roccia. In catene uomini nudi lanciavano dadi, ammaliati da carte provocanti. “Cos’è stato di quegli uomini?” chiesi.“Costoro han lasciato che Lap Dance s’impadronisse dei propri istinti primordiali, son ora condannati a tirar dadi per sempre”. “Ma qual è lo scopo?” “Nessuno scopo, devono solo lanciar dadi fissando le carte che tanto bramavano”. Camminammo ancora in silenzio fino a imbatterci nel raccapricciante spettacolo d’un Samurai che gridava in alternanza ‘Destra!’, ‘Sinistra!’, costringendo un coro di persone attorno a lui ad alzare con timore il congruo braccio. In caso di fatal errore, la katana del Samurai s’abbatea sul malcapitato, mozzandone di netto la mano. “Quale colpa ha condotto a tale destino?” “Costoro han ceduto alla grafica di Samurai Spirit, gioco che consta nel controllar se la carta nemico può esser messa a sinistra del proprio personaggio oppure deve prender la destra.”. Non avevo più coraggio di proferir parola ma parve leggermi nel pensiero superando una scatola di Hollywood abbandonata nel fango. “Codesto non è fango”. Giungendo al termine dell’anello mi ritrovai a distogliere lo sguardo dall’antro di Frankestein’s Bodies. Un gruppo di giocatori attorno a una lastra di marmo tagliava brandelli di organi agli avversari in ordine di turno. Ridevano, squarciandosi a vicenda ridevano. “Cosa c’è di divertente?” mi sforzai di chiedere. “Nulla. Codesto gioco non propone nulla di divertente, né così, né seguendo il regolamento”.

Scendemmo poi al livello successivo, il girone degli Inganni. L’aria scottava il viso alimentando le braci della mia inquietudine. Inquieto ero di più ad ogni passo. Di più ad ogni scorcio infernale. Di più ad ogni pensiero negativo instillato da quel luogo. Finché l’inquietudine esplose dinanzi a centinaia di Pandemic Contagion disposti con ordine sulla parete di roccia. “Cosa ci fanno loro qui?” Il panico mi avviluppò fra le sue spire. “Non può essere! Non Pandemic, un capolavoro…”. “Codesto è Pandemic Contagion, non ha legami con Pandemic”. La calma serafica della Guida si contrappose all’ansia della mia voce. “Ma ha il suo nome, sarà lo stesso autore”. “No”. “Ma ha il suo nome, avrà meccaniche innovative”. “No”. “Ma ha il suo nome, sarà calato nell’ambientazione”. “No”. “Ma ha il suo nome, sarà divertente”. “No”. “Codesto nome serve a moltiplicare vendite altrimenti marginali”. Fu troppo per me. Il viso bruciava assieme ai pensieri, la paura ebbe il sopravvento e iniziai a correre. Corsi a perdifiato, lasciandomi tutto alle spalle. Corsi per quel girone ignorando le miniature giganti di Realm of Wonder giocare a morra per fuggire la banalità del loro gioco o la schiera di persone addormentate attorno al tabellone di Imperialism. Corsi. Corsi fino a perdere l’orientamento, fino a perdere l’equilibrio. Corsi fino a rovinare oltre il limite degli Inganni. Corsi fino a giacere sulla pietra bollente dell’ultimo girone.

Tutto in quel piccolo anello ustionava, avvertivo i capelli prender fuoco, finanche le viscere ribollirmi all’interno. Preda del panico strisciai in direzione dell’unica luce visibile: una grotta ricoperta da ghiaccio brillante. Il solo avvicinarmi rinfrancò le mie membra, l’aria gelida emanata mi diede la forza d’alzarmi e potei così notare una scatola di Historia sospesa al centro del ghiacciaio. La Guida riapparve al mio fianco. “Codesto è il girone delle Delusioni. Il peccato più grave, aver potenzialità e non sfruttarle”. Stavolta non avrei ceduto. “Non è vero, Historia è un bel gioco, impreziosito dalle illustrazioni di Coimbra”. “Coimbra ha disegnato solo la copertina, non ha colpe per la grafica interna dai colori smorti e le meraviglie seppiate”. “A me piace il tabellone!” “Apprezzi la griglia su cui salire i gradini dello sviluppo o la mappa lillipuziana in cui combattere? Oppure i geroglifici runici?” “Nulla di ciò ha importanza, Historia è un gioco di civilizzazione e pertanto merita il mio incondizionato amore”. Tali parole provocarono una reazione che mai avrei creduto possibile. La Guida fece scivolare il cappuccio dal viso mostrando di essere il Meeple Gigante di Carcassone. Quello Blu. Caddi in ginocchio al cospetto di tale leggenda. Consapevole della grandezza del mio mentore, attesi con impazienza una sua parola. “Proprio perché gioco di civilizzazione, non dovrebbe suscitare tanta freddezza. Osserva tu stesso, ha gelato finanche l’ultimo girone dell’Inferno”. Mi sentivo piccolo, inutile, vulnerabile al suo cospetto. “Ora alzati, andiamo, non sei ancora pronto per l’Inferno della fiera di Babele”. Obbedii e rialzandomi compresi come quel luogo, quei giochi, tutti quei giochi assieme, sarebbero stati troppo per qualsiasi giocatore. Mi porse il braccio tozzo, l’afferrai appena in tempo per sollevarmi con lui. Fui trascinato verso una porta circolare, notai molte bruciature sulla mia pelle, lui fu il primo io il secondo a passare, e di lì uscimmo a riveder le stelle.

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