La tensione in partita
di Walter “Plautus” Nuccio
Analizzando un gioco con l’occhio del designer si possono individuare molte caratteristiche che lo rendono più o meno valido. Possiamo osservare la bellezza di alcune meccaniche, disquisire sulla maggiore o minore raffinatezza del bilanciamento e persino dissertare sulla qualità dei componenti. Ma c’è qualcosa che non può essere valutato semplicemente analizzando il sistema di gioco ed è il “divertimento” che esso procura in partita viva. In fondo è proprio questa la prima cosa che richiediamo ad un buon gioco da tavolo: che sia divertente. Tutti vorrebbero un gioco divertente: sia i giocatori, che non si stancano mai di esplorare nuovi orizzonti ludici, sia gli editori, sempre alla ricerca del gioco in grado di spingere i partecipanti, quasi compulsivamente, ad una partita dopo l’altra. Ma c’è un problema: il divertimento, di per sé, è qualcosa di sostanzialmente soggettivo.
Tensione, emozione e divertimento
Tanto per fare un esempio dei più scontati, mentre alcuni trovano divertente la presenza di una dose di alea anche massiccia, altri non ne tollerano la minima quantità; c’è a chi piace attaccare in modo diretto i propri avversari e chi predilige giochi in cui sia possibile costruire la propria posizione alquanto indisturbati; o semplicemente c’è chi preferisce i giochi in stile german, asciutti ed eleganti, e chi quelli in stile american, profondamente ambientati e con regolamenti corposi. Come fare, quindi, per affrontare la questione “divertimento” in modo un po’ più oggettivo? Ancora una volta è l’occhio del designer che ci viene in aiuto: se osserviamo un gruppo di giocatori immersi in una partita, qualunque sia la tipologia di gioco non potremo fare a meno di notare un palpabile senso di tensione al tavolo. Ecco il nocciolo della questione! Un gioco percepito come divertente è sempre un gioco carico di tensione.
La tensione è il substrato di tutte le emozioni che il giocatore prova durante la partita. Può essere l’ansia che prova quando sente che l’obiettivo è arduo da raggiungere, l’adrenalina che sale quando riesce a realizzare un tatticismo vincente o la forte speranza che precede un lancio di dadi decisivo. Dato che la tensione si manifesta sotto varie forme, proveremo a riconoscerne la presenza in Seasons (di Régis Bonnessée, ed. Libellud), uno dei giochi che ha avuto maggior successo negli ultimi tempi. Vedremo così che tensione è principalmente sinonimo di tre cose: difficoltà, rischio e competizione.
Tensione come difficoltà
Un gioco troppo semplice non può essere davvero tensivo. Tuttavia non bisogna confondere difficoltà di gioco con difficoltà del regolamento, perché le due cose sono nettamente distinte: anche se basato su regole semplici, un gioco può mostrare, grazie al modo in cui i diversi elementi del gioco interagiscono fra loro, un tale livello di profondità che padroneggiarlo può richiedere anche anni di esperienza. L’autore di Seasons sembra ben consapevole di ciò, e ha inserito nel suo gioco una componente di “difficoltà” sotto diverse forme.
Un primo fattore di difficoltà è racchiuso in un concetto che, oltre che in Seasons, è presente in molti altri giochi: l’idea che per completare un’azione, che in Seasons corrisponde a calare una carta, è necessario accumulare un set di risorse di un determinato colore. La difficoltà dell’operazione è legata al fatto che vi sono quattro colori diversi e il giocatore riesce ad acquisirne soltanto una o due per volta, non sempre del colore che davvero gli occorre. Ad aumentare la difficoltà contribuisce un altro fattore: il “livello di invocazione”,un valore che determina il numero massimo di carte che il giocatore può tenere davanti a sé. Questo livello costituisce, di fatto, un’ulteriore risorsa esso stesso, che il giocatore deve continuamente aumentare per poter mettere in gioco nuove carte. La difficoltà, quindi, consiste nel mantenere costantemente in equilibrio tre diversi aspetti: accumulare le risorse necessarie, aumentare il proprio livello di invocazione e incrementare la propria mano di carte.
A questo primo aspetto, statico, se ne aggiunge uno dinamico: la grande varietà di carte fa si che, a fronte di un regolamento tutto sommato abbastanza semplice, si produca una dinamica di gioco molto ricca e variabile. Ciò si deve al fatto che le carte interagiscono l’una con l’altra in modo talvolta sorprendente. E’ difficile, soprattutto per un giocatore principiante, intravedere le combinazioni (o “combo” ) di carte più efficaci, ma sono proprio queste che possono determinare un incremento notevole del punteggio di fine partita.
Tensione come rischio
Il secondo fattore responsabile della tensione di gioco è il rischio, anche questo presente in Seasons sotto diverse forme. Innanzitutto c’è il rischio di sprecare risorse, poiché il giocatore può immagazzinarne solo una quantità limitata: se si supera il limite, le risorse in eccesso vengono scartate e dunque perdute. Un altro fattore è dato dalla scelta tra tenere una carta appena pescata o scartarla: se la teniamo, è possibile che ci frutti un buon numero di punti a fine partita; tuttavia se non dovessimo riuscire a calarla in tempo essa comporterebbe un malus di 5 punti negativi, e questo rischio aumenta man mano che la partita si avvicina alla sua conclusione. Il tutto è accompagnato da un costante senso di incertezza sulle intenzioni avversarie: se il nostro avversario calasse gli Stivali Temporali accelerando la fine del gioco? O se invece ci assegnasse, per effetto di un’azione, una nuova carta dal costo elevato, che sarà arduo mettere in gioco? Infine c’è un evidente fattore di rischio dovuto ai dadi, che a volte sembrano andare contro ogni nostra aspettativa nel produrre i risultati desiderati: riusciremo ad ottenere quell’energia che ci manca? Avremo la possibilità di pescare una nuova carta? Molta è l’incertezza e il rischio ad essa collegato, ma il buon esito della partita dipende molto anche dalla nostra capacità di gestire tale rischio e di pianificare con attenzione in modo da minimizzarlo: è proprio qui che si rivela l’abilità del giocatore navigato.
Tensione come competizione
Fin qui abbiamo esaminato la tensione come un fattore intrinsecamente generato dal sistema di gioco, ma non dobbiamo dimenticare che la principale sorgente di tensione è forse proprio la competizione con gli avversari. Pensate a ciò che accade nel Gioco dell’Oca: nessuna scelta è presente, nessuna difficoltà viene offerta al giocatore né gli si chiede di assumersi dei rischi: egli si limita a tirare i dadi e osservare ciò che accade, ma il semplice fatto che seduti al tavolo vi siano altri giocatori che, come lui, cercano di raggiungere per primi la casella finale del percorso, è sufficiente a creare un senso di competizione e di sfida, e dunque di tensione. Non è un caso che ciò accada, perché l’espediente della “corsa”, intesa nel senso più ampio di assegnare un premio (se non addirittura la vittoria) al giocatore che per primo raggiunge un determinato obiettivo, è un pattern di game design molto diffuso. In Seasons la corsa è sia quella contro il tempo, che avanza inesorabile, sia contro l’avversario, poiché spesso per vincere il gioco è necessario calare più carte di lui prima che la partita termini. Ma non è questo l’unico elemento competitivo del gioco: grazie a carte che permettono attacchi diretti, sottrazioni di punti e sacrifici di creature, la competizione è forte e continua fin dai primi round di gioco.
La mancanza di tensione
Proprio perché così importante, la tensione è uno dei maggiori fattori responsabili del successo di un gioco, ma è anche, ahimè, una delle cose più difficili da ottenere. Capita spesso che un nuovo prototipo di gioco risulti perfettamente funzionante ma, purtroppo, privo del necessario mordente che fa la differenza tra un gioco semplicemente buono e uno davvero eccellente. I problemi con cui il game designer deve confrontarsi sono sostanzialmente due: il primo è riconoscere quali aspetti del sistema di gioco o quali momenti della partita non garantiscono un adeguato grado di tensione al giocatore; il secondo è intervenire con opportune modifiche in modo da rendere più tensive quelle meccaniche che al momento risultano un po’ piatte. Spesso ciò è il risultato di un bilanciamento attento e fine, che assicuri un giusto equilibrio tra disponibilità e scarsità di risorse, tra possibilità di attacchi e difese e, in ultima analisi, tra i potenziali successi e insuccessi che il giocatore incontra nella realizzazione delle sue azioni, in modo che i successi siano la ricompensa di uno sforzo e gli insuccessi siano percepiti come una sfida da superare e non degenerino semplicemente in frustrazione.
sono davvero molto colpito da questa attenta riflessione sulla tensione come elemento chiave. grazie!
ps: personalmente, trovo Seasons molto frustrante ed eccessivamente aleatorio.
Grazie a te.
Anch’io trovo Seasons abbastanza aleatorio, nonostante sia indubbio che la forza di gioco conti tantissimo. Tuttavia dopo un’iniziale rifiuto ho iniziato a giocarlo spesso on line e lo trovo divertente.
a mio avviso seasons non è stato ben testato, perché oltre ad avere carte palesemente più forti di altre e ad avere poche Combo “equipotenti” , è eccessivamente lungo da giocare,ha un downtime enorme ed è molto difficile e macchinoso riuscire a rispettare tutte le regole e le varie carte che si attivano durante un turno. spesso ci si sbaglia o ci si scorda.
l’unico modo per giocarlo in tempi e modi adeguati è on-line. è un pò un controsenso non trovi? si chiamano giochi da tavolo….
è un peccato, perché il gioco riesce molto bene a creare quella Tensione di cui parli. e infatti credo che con qualche aggiustamento e accorgimento in più, sarebbe potuto essere un ottimo gioco!
Concordo che sia un gioco da fare on line e, secondo me, è un gioco da non più di 2 giocatori (il che non sarebbe un difetto di per sè).
Sul bilanciamento delle combo non conosco abbastanza a fondo il gioco per pronunciarmi.
Pare che non si parli mai direttamente dell’effetto tensione in un GDT, quindi mi fa piacere che qui sia stato sviscerato. A prescindere dal gioco esemplificativo (in questo caso Seasons) la maggior parte degli articoli di Plautus è incentrato su un singolo aspetto la cui disamina passa per l’esempio di un titolo più o meno famoso. Credo che questa formula sia molto carina.
Grazie.
Bell’articolo, complimenti :)
Grazie mille.
Bell’articolo, come sempre, pero’ ho una perplessita’: cosa intendi precisamente col termine “Tensione”? In alcuni punti sembra che ti riferisca al significato comune (che magari non e’ quello che userei in partite di Dixit ad esempio) in altri sembri dargli connotazioni piu’ generali molto vicine a quelle di “Emotivita’” (che pero’ sono tutt’altro che oggettive).
Ottimo articolo. Pur giocando a boardgames da parecchio, non avevo mai fatto caso alla tensione scatenata da alcuni eventi. Mi ci sono ritrovato. E’ un ragionamento molto interessante.
Grazie a tutti per i complimenti.
Per me Tensione è un termine abbastanza generale che sta ad indicare tutto quell’insieme di emozioni forti che scaturiscono in partita. E’ chiaro che la tensione di una partita di Dixit non potrà avere la stessa intensità di una di Caylus, tuttavia anche giocando a Dixit possiamo avvertire emozioni forti, come quando attendiamo con ansia che il narratore riveli la carta da lui scelta, sperando per noi di aver imbroccato la carta giusta e che gli avversari abbiano invece dato un voto alla nostra carta. Sono tutte emozioni chiaramente legate al rischio e all’incertezza insita nelle meccaniche di questo gioco.
Credo anch’io comunque che l’aspetto della tensione vada differenziato da quello generalmente emotivo. Ed è una riflessione da fare anche in sede di game designing. Le emozioni scaturite da un gioco possono essere tante e variegate. La “tensione” più specificamente, credo si riferisca principalmente a questi fattori:
– Tensione mentre si realizza di star perdendo contro il gioco.
– Tensione nel comprendere che forse non si potrà superare un avversario nei punti.
– Tensione durante l’attesa di un importante turno di un avversario che potrebbe causare la nostra disfatta.
– Tensione generata dall’ambientazione e/o meccaniche relative all’ambientazione.
Ci sarebbero tanti altri esempi, era giusto per sottolineare che quest’articolo mi è piaciuto proprio perché si è soffermato su un aspetto molto specifico, e non sulle emozioni in generale scaturite dai GdT.